Hypnosis of a Storm è nata in un momento in cui non sapevo distinguere se ciò che sentivo provenisse da fuori o da dentro. Tutto sembrava muoversi, mentre io restavo ferma. O almeno così credevo. Finché un giorno un raggio di sole ha filtrato tra le nuvole e ho capito che la mente aveva giocato con la mia percezione. Ero rimasta dentro un’ipnosi per tutto quel tempo.

Forse quest’opera è proprio questo: l’istante in cui il corpo smette di resistere e si ritrova sul confine della tempesta. Quel momento in cui tutto trema, ma non è ancora caduto. Dove il corpo diventa insieme testimone e campo di battaglia. L’attimo in cui la realtà si fa liquida e tu galleggi senza sapere dove sia la superficie.

Le linee verticali non sono solo sfondo: sono ritmo, impulso, confine. Il tempo non avanza, si piega. Non è lineare, è simultaneo. E in quegli strati appaiono e svaniscono volti. Non sono definiti, ma sono presenti. Come frammenti di me che non hanno ancora deciso se restare o andare.

I colori pulsano come parte della stessa tempesta. C’è fuoco, c’è terra, c’è ombra. Ma c’è anche pausa. Come se tutto stesse per spezzarsi, ma non ancora. Come se il corpo sapesse che qualcosa sta cambiando, ma non riuscisse a muoversi.