El Eco è nata da una sensazione a cui non riuscivo a dare un nome. Non era tristezza, non era nostalgia. Era qualcosa di più sottile: una vibrazione che restava nel corpo dopo essere stata molte cose. Ho dipinto questa figura come sospesa tra tempi, tra età, tra versioni di me di cui non so più se esistano. C’è qualcosa di bambino qui. C’è qualcosa di donna. Ma non c’è definizione. Solo transizione.

Mentre dipingevo, sentivo di toccare energie che non ci sono più. Non perché siano svanite, ma perché si sono diluite. Una volta erano parte di me, ma non mi sostengono più. Eppure continuano a vibrare. Come se il corpo ricordasse ciò che la mente aveva già lasciato andare. Come se ogni linea fosse l’eco di qualcosa che una volta sono stata.

I colori trascinano, ripetono, dissolvono. Ci sono zone che sembrano voce, altre che sentono silenzio. La figura non è immobile, ma neppure in movimento. È in pausa. In attesa. In riverbero. Come se ascoltasse ciò che rimane dopo aver vissuto.

Quest’opera non cerca di rappresentare un’identità, ma di custodire una transizione. Un momento in cui non sono una cosa sola, ma nemmeno molte. Dove ciò che una volta sono stata ancora mi abita, ma non mi definisce più. E in quell’eco, esisto anch’io. Perché a volte, ciò che pesa di più non è ciò che si è perso, ma ciò che continua a risuonare senza corpo.